Nel tempo ingranditori e bacinelle hanno lasciato spazio a silenziose stampanti inkjet che ci consentono di dar vita alle nostre immagini con semplicità e qualità impensabili.
Sarà per il ricco bottino di immagini catturato durante le vacanze estive, o forse perché si ritorna a trascorrere più ore fra le mura domestiche, ma sin dai tempi della camera oscura di analogica memoria, i mesi autunnali sono quelli storicamente più vocati alla stampa su carta delle nostre fotografie.
Nel tempo tank, spirali, chimici, ingranditori e bacinelle hanno lasciato spazio a silenziose stampanti inkjet che, stabilmente collocate sulle nostre scrivanie, non costringono più a lunghe ed estenuanti trattative con i famigliari per potersi impadronirsi di un locale della casa da adibire ad oscuro antro di Merlino, ma possono essere messe facilmente in funzione in qualsiasi momento.
Una la tecnologia che, in poco più di vent’anni, ha oggi raggiunto lo stato dell’arte: quella nota come inkjet, o a getto d’inchiostro, dove miliardi di minuscole goccioline di colorante vengono spruzzate con estrema precisione fino a mescolarsi sulla carta per creare tutte le sfumature di colore necessarie alla creazione dell’immagine.
La risoluzione di stampa
La capacità di spruzzare gocce di dimensioni sempre più piccole, che oggi possono arrivare nell’ordine dei 3 picolitri – ovvero 0,000000000003 litri – determina la risoluzione della stampante inkjet, ovvero la possibilità di riprodurre i dettagli più fini dell’immagine, ma soprattutto determina la sua abilità di miscelare gocce di inchiostri di diversi colori al fine di creare sfumature che abbiano, al nostro occhio, un aspetto naturale.
Non dobbiamo però confondere le dimensioni della goccia d’inchiostro (drop o droplet) con l’indicazione della risoluzione, la cui unità di misura è il DPI o dot-per-inch. Questo indice misura quanti punti la stampante è in grado di “disegnare” nello spazio di un pollice, ovvero poco più di 2,5 centimetri.
Possiamo pensare al “dot” come la “più piccola unità” stampabile dalla nostra stampante, assimilabile per qualche verso al pixel del file.
Se potessimo però osservare ad un forte ingrandimento ogni “dot” scritto dalla testina di stampa, ci accorgeremmo che al suo interno è in realtà composto da più piccole unità: le singole gocce d’inchiostro che, come le tessere di un mosaico viste da lontano, riusciranno a ricreare delicati passaggi tonali pur partendo da un limitato set di inchiostri base.
Questa sorta di trucco ottico prende il nome di “retino di stampa”, ed è oggi molto meno evidente proprio in virtù dell’aumento di risoluzione della stampante e della diminuzione delle dimensioni delle gocce d’inchiostro.
Gli inchiostri delle stampanti inkjet
Se il valore di risoluzione può essere considerato un intuitivo indice di qualità secondo il concetto “più alto è il numero, migliore è la stampante”, con gli inchiostri le considerazioni da fare sono più complesse.
Tutte le attuali stampanti di qualità fotografica impiegano set di colori ben più estesi dei quattro che stanno alla base della quadricromia: Ciano, Magenta, Giallo e Nero.
Non dobbiamo dimenticare che le stampanti inkjet devono poter riprodurre le infinite sfumature contenute nelle nostre fotografie a partire da un numero ristretto di tinte “base”. Ecco che, a metà degli anni ’90 del secolo scorso, una delle prime migliorie introdotte dai produttori per potersi avvicinare alla qualità della stampa fotografica era stata quella di aggiungere varianti più chiare dei colori Ciano e Magenta, i cosiddetti “light” o “fotografici”. Le stampanti con questo set di inchiostri esteso potevano così riprodurre sfumature più delicate e naturali. Una volta imboccata la strada dell’incremento del numero di cartucce, le aziende si sono poi spinte ad inserire varie gradazioni anche dell’inchiostro nero, miglioria utile per la stampa di immagini monocromatiche, e, in certi modelli, anche di alcune tinte sature e brilanti, difficilmente ottenibili con la miscelazione degli inchiostri base.
Riporto, a titolo di esempio, la configurazione degli inchiostri di due stampanti di qualità molto diffuse.
Canon Pixma PRO 1: Nero Foto, Nero Opaco, Grigio Scuro, Grigio, Grigio Chiaro, Ciano, Ciano Fotografico, Magenta, Magenta Fotografico, Giallo, Rosso, oltre ad un ottimizzatore del colore.
Epson SC-P800: Nero Foto, Nero Matte, Cyan, Light Cyan, Magenta, Light Magenta, Giallo, Nero Light, Nero Light Light
Sempre a proposito degli inchiostri è importante rilevare come, con l’avvento e l’evoluzione delle formulazioni a pigmenti, è stato possibile risolvere il problema di resistenza allo sbiadimento, a lungo tallone d’Achille delle stampe inkjet quando gli inchiostri erano a base acquosa. Ciò non significa necessariamente che le stampe odierne siano eterne, ma è possibile affermare che, a parità di condizioni di conservazione, esse possono vantare una longevità pari o addirittura superiore a quella delle stampe chimiche analogiche.
Il formato
Sebbene non influisca sulla qualità dei risultati ottenibili, un altro importante parametro da considerare durante la scelta o la valutazione di una stampante inkjet è il formato massimo di stampa, di solito indicato con i classici formati ISO A. Se le stampanti A4 (21×29,7cm) sono sicuramente quelle più compatte, più diffuse e proporzionalmente più economiche, le stampanti A3/A3+ sono invece quelle che possono consentirci di realizzare in casa stampe fino al formato 30x45cm, adatte per allestire mostre ed esposizioni. Spostando la nostra attenzione su periferiche ancora più grandi, dal formato A2 in avanti, oltre a poter raggiungere dimensioni di stampa considerevoli potremmo anche beneficiare di un risparmio sugli inchiostri. Tali macchine usano solitamente cartucce di maggior capacità che vantano un costo al millilitro dl 30 al 50% inferiore a quello delle cartucce per stampanti A4 ed A3.
Anche la miglior stampante inkjet, però, potrà esprimere tutta la sua qualità solo se utilizzata con una carta altrettanto pregiata… ma ve ne parlo in questo articolo.